Quando si sceglie un sistema innovativo di finanziamento, come il crowdfunding, di solito si parte con grande entusiasmo – specialmente se si è coinvolti in un nuovo progetto imprenditoriale (start up), oppure per un obiettivo legato al mondo no profit.
Eppure, è necessario rimanere sempre con gli occhi e le orecchie attenti, per capire che questo contributo deve essere valutato anche a livello fiscale, nelle sue particolarità. Vediamo quali sono…
Consulenza sul crowfunding per start up e no profit
Uno studio esperto nella gestione del crowdfunding è fondamentale per fornire una prima consulenza, dei consigli e un’assistenza contabile per tutte le operazioni legate all’amministrazione dei fondi.
Se il nome parla chiaro, con i tanti investitori (crowd, moltitudine) e la raccolta fondi (funding, finanziamento), non sempre è altrettanto semplice orientarsi in un sistema di investimento che coinvolge non solo dei professionisti, ma anche degli investitori occasionali.
Tramite il crowdfunding chiunque può impegnarsi nel sostenere un progetto, almeno nel caso in cui siano disponibili versamenti anche minimi. In altri casi, comunque si tratta di uno strumento accessibile a molti per finanziare una causa oppure un’impresa (a volte bastano meno di 500 euro per partecipare alla sovvenzione).
Per questo motivo, un’impresa può sottoporre al pubblico un progetto creativo oppure particolare, che non sempre riesce ad essere sovvenzionato da istituti di credito oppure dai grandi investitori – magari per l’innovazione che comporta un margine di rischio.
È qui che diverse start-up possono attingere risorse, ma è necessario valutare anche le diverse implicazioni fiscali del crowdfunding, che solo una persona esperta come un commercialista, può valutare in modo appropriato.
La normativa del Crowdfunding e la consulenza finanziaria
Prima di tutto, c’è da capire quando si può applicare questo strumento per le imprese.
Tramite il D.L. n. 179/12 (convertito in Legge n. 221/12), è possibile valutare se l’impresa rientra in una start up innovativa, e nel Testo Unico della Finanza, viene inoltre definita la nuova tendenza della gestione dei portali per la raccolta di capitale per le start-up innovative.
Secondo questa normativa e contestuale Regolamento Consob (18592/2013) le società che possono lanciare una campagna di equity crowdfunding, sono le start up innovative, le PMI innovative, gli organismi di investimento collettivo del risparmio.
Possono essere incluse anche le società di capitali che investono: start-up innovative, PMI innovative e su tutte le PMI (società per Azioni e Società a responsabilità limitata).
In pratica, moltissime imprese possono donare e raccogliere capitali attraverso dei portali, e per questo la pratica del crowdfunding sta diventando sempre più una modalità per chi desidera investire in modo rapido, semplice e con minimi rischi.
Sembra ci siano dei vantaggi sia per le start-up sia per gli investitori, soprattutto gli investitori non professionali, e per questo una consulenza sugli aspetti fiscali e finanziari è consigliabile prima di intraprendere una campagna di sovvenzionamento, oppure aderirvi.
È necessario valutare diverse implicazioni…
Il Crowdfunding per investire nelle PMI
Sappiamo che le operazioni di finanziamento avvengono su piattaforme specializzate in questo ambito della raccolta fondi, che dalla loro veste spesso accattivante, ovviamente di primo impatto non fanno presupporre tutte le implicazioni di un contratto di finanziamento.
Una volta che si investe una somma, è prevista una remunerazione, a volte non monetaria, a meno che non si tratti di un progetto no profit di beneficenza.
Per questo, sono varie le tipologie di crowdfunding previste dalla normativa.
- Equity based – in cambio della sovvenzione, i donatori ricevono quote di partecipazione al capitale dell’impresa.
- Reward based – la ricompensa a questo investimento di solito non è monetaria, ma consiste in un servizio o prodotto dell’impresa.
- Lending based – gli investitori sono ripagati tramite degli interessi, concordati in fase di accordo.
- Donation based – i sostenitori finanziano tramite donazioni libere e senza ricompensa (spesso usate per onlus, associazioni, fondazioni no profit, etc.)
Ultimamente, è presente anche il modello di pre-purchase crowdfunding, in cui per il donatore sarà possibile acquisire solo in se guito delle quote o azioni dell’impresa.
La disciplina che regola la fiscalità d’impresa in questo caso, valuta le operazioni di crowdfunding come valide solo se rispettano alcuni criteri.
Devono essere effettuate solo da alcuni portali iscritti o risultati nel Registro Consob, come operazioni che non superano i 5 milioni di Euro, e possono interessare solo investimenti finanziari del capitale di rischio.
Se gli investitori “amatoriali” possono certo partecipare, in realtà le operazioni crowdfunding devono essere sottoscritte da un investitore professionale almeno per il 15%.
diverse normative interessano anche gli aspetti relativi ai possibili trasferimenti di quote, vendita e co-vendita.
La novità positiva a livello normativo, per questo tipo di finanziamento, che in alcuni casi è presente l’esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento.
Interessa soprattutto investimenti limitati a livello economico, sia per le persone fisiche che giuridiche.
Crowdfunding e oneri fiscali
La questione tributaria cambia a seconda del soggetto che propone il progetto da finanziare. La disciplina fiscale può interessare le persone fisiche oppure le imprese start-up e PMI.
Se per la persona fisica con un progetto non professionale non dovrebbero esserci particolari effetti dal punto di vista fiscale (a parte la dichiarazione Irpef in cui includere i proventi), per le imprese la condizione viene valutata diversamente.
Per le PMI e le start-up, le donazioni del crowdfunding si assimilano ai redditi di impresa, assoggettabili ad Irpef o Ires, e valutati in base al regime fiscale prescelto.
Inoltre, quando arriva un aumento di capitale sociale tramite equity crowdfunding, si dovrà pagare l’imposta di registro fissa.
Gli effetti fiscali possono variare per chi acquisisce donazioni tramite il modello di Reward crowdfunding, che andranno a formare il reddito d’esercizio dell’anno interessato.
Inoltre, la tassazione è differente per le imprese no-profit, che potrebbero rientrare nella qualifica di enti commerciali o non commerciali.
Per i donatori, sommariamente, nella equity based il donatore diventa socio minoritario, e sarà remunerato tramite dei guadagni dagli utili aziendali o delle quote societarie acquisite e poi rivendute. Rendite, che andranno all’occorrenza dichiarate.
Nel caso del lendig based crowdfunding, sarà invece necessario dichiarare fiscalmente gli interessi periodici.
In pratica, le diverse condizioni tributarie dovranno essere valutate da uno studio specializzato nelle consulenze fiscali e di crowdfunding, come il nostro studio fiscale a Parabiago.
Servizi di consulenza finanziaria e per il crowdfunding a Milano
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voglio capire come muovermi per il reward crowdfouding
faccio l’insegnate e ho un PhD